venerdì 6 giugno 2008

Dal Venezuela al Piemonte, insolita storia di affitti e migranti

“Affittasi trilocale solo a romeni”: è l’annuncio comparso su un portone in una via centrale di Asti; solo poche parole che in questi tempi di ‘allarme sicurezza’ bisogna leggere due volte per assicurasi di avere visto bene. A fare la scelta “controcorrente” è stato un uomo con senso civico e soprattutto dalla memoria lunga.
Roberto Argenta è uno psicologo di 56 anni, sposato con due figli, che lavora per l’Asl e più precisamente aiuta i tossicodipendenti a liberarsi dalla droga, ed è anche figlio di emigrati in Venezuela, dove è nato lui stesso. È a quella esperienza familiare che ha pensato quando ha visto la nazione in cui vive scivolare drammaticamente nella paranoia xenofoba. Argenta ricorda che suo padre, un muratore di San Marzanotto, in provincia di Asti, partì negli anni Cinquanta per il Venezuela, in cerca di lavoro, raggiunto poi dalla moglie con due bambini. “Allora in Sud America c’era un forte vena razzista contro gli italiani: ci definivano mafiosi e mangiaspaghetti, pizza e mandolino” ha detto il dottor Argenta al quotidiano ‘La Stampa’. “Mia madre mi raccontò che nelle città apparivano cartelli in spagnolo che avvertivano: si loca, ma non agli italiani”. Ma non è stata la discriminazione altrui che ha convinto Argenta a dare il buon esempio, piuttosto l’aiuto ricevuto. Stipati in quattro in una stanzetta, quando la madre rimase incita del terzo figlio, proprio Roberto, pensò di non potersi permettere di farlo nascere, ma il padre trovò lavoro presso un venezuelano che cercava un portiere per un palazzo, offriva quindi una casa insieme al lavoro e soprattutto non aveva problemi con gli italiani. La decisione di affittare solo a stranieri non è stata una provocazione, ha precisato il dottor Argenta, ma un modo per ricambiare la fiducia e opporsi a un clima di chiusura e pregiudizio che non si può condividere. Tra gli stranieri a cui ha affittato quei 70 quadri in centro – “sempre con regolare contratto per dare garanzie ad entrambi” precisa – l’inquilino più signorile è stato un rumeno che, prima di andarsene, ha ritinteggiato l’appartamento. Suo malgrado, perché il dottor Argenta è persona tanto concreta quanto riservata, la sua storia ha avuto anche la “consacrazione radiofonica nazionale” con un’intervista esclusiva di “Caterpillar”, una delle trasmissioni più briose e seguite di Radiodue, grazie alla quale quell’annuncio di poche righe sta diventando uno slogan contro la xenofobia.

da www.misna.org

sabato 29 marzo 2008

Quando la morte venne a Baghdad

II discepolo di un Sufi di Bagdad era seduto un giorno in un angolo di una locanda, quando sorprese una conversazione tra due persone. A sentirle parlare, capì che una di loro era l'Angelo della Morte.
"Ho molte visite da fare in questa città nelle prossime tre settimane", stava dicendo l'Angelo al suo compagno.
Terrorizzato, il discepolo si rannicchiò nel suo angolino finché i due non se ne furono andati. Poi fece appello a tutta la sua intelligenza per trovare il modo di scampare all'eventuale visita dell'Angelo, e alla fine decise di allontanarsi da Bagdad affinché la morte non potesse raggiungerlo. Dopo aver fatto questo ragionamento, non gli restava che noleggiare il cavallo più veloce e, spronandolo giorno e notte, arrivare fino alla lontana Samarcanda.
Nel frattempo la Morte si incontrò con il maestro sufi, col quale si intrattenne a parlare di varie persone. "Ma dov'è dunque quel vostro discepolo tal dei tali?", chiese la Morte.
"Dovrebbe trovarsi da qualche parte in città, immerso in contemplazione, forse in un caravanserraglio", rispose il maestro.
"È strano", disse l'Angelo, "perché è proprio nella mia lista ... Ah, ecco, guardate: devo prenderlo fra quattro settimane a Samarcanda, e in nessun altro luogo".

Fudail Ibn Ayad

venerdì 14 marzo 2008

Grazie!


- Come si immagina, che cosa si aspetta dal faccia a faccia con Dio?

Noi abbiamo una canzone che ha tradotto in musica un mio pensiero.
Dice così: "Quando sarò alla tua porta e tu mi chiederai il mio nome, io non ti dirò il mio nome ti dirò solo: Grazie per tutto e per sempre. Questo è il mio nome".
Questo è il nostro atteggiamento.
Noi non tiriamo fuori né meriti, né peccati.
Diciamo solo "grazie" e io lo posso dire con il Movimento che ho visto nascere.

(Dal libro "La dottrina spirituale" - Cittanuova)

giovedì 21 febbraio 2008

Cibo, allegria e canzoni

"Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d'oro, questo sarebbe un mondo più lieto."

Thorin Scudodiquercia

(Dal libro "Lo hobbit" - J. R. R. Tolkien)

venerdì 25 gennaio 2008

Lacrime e perle

"Quella sera scrissi il mio primo racconto. Mi ci vollero trenta minuti. Era la storia di un uomo che aveva trovato una ciotola magica. Quando piangeva nella ciotola le sue lacrime si trasformavano in perle. Ma benché povero, era una persona felice, per cui piangeva raramente. Così doveva ideare dei metodi per rendersi infelice, affinché le sue lacrime lo rendessero ricco. A mano a mano che le perle andavano accumulandosi, la sua avidità cresceva. Il racconto finiva con l'uomo seduto su una montagna di perle con un coltello in mano, che piangeva disperatamente nella ciotola, tenendo tra le braccia il cadavere della sua amatissima moglie."

- Khaled Hosseini -
da "Il cacciatore di aquiloni"

mercoledì 2 gennaio 2008

martedì 25 dicembre 2007

Auguri scomodi

Carissimi,

non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.
Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali
e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.
E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

Tonino Bello